FILM GALERY

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SPETTACOLO UNICO
LUN 14  APR - ORE 21.00


 IL REGISTA PAOLO COGNETTI 
 OSPITE IN SALA 


BIGLIETTI
INTERO 8,00 - OVER65 7,00 - STUDENTI 6,50


FIORE MIO
Regia di Paolo Cognetti.
Un film Documentario - Italia, 2024, durata 80 minuti. .

Cognetti, insieme a Laki, il cane con cui si fanno reciproca compagnia, sale verso le quote più alte del Monte Rosa spinto dal desiderio di comprendere per quale ragione non arrivi più acqua nella casa in cui abita. Lungo il percorso incontra persone che conosce da tempo che raccontano quale senso abbia per loro il vivere in montagna.
Cognetti in questa prima totalmente personale ci mostra senza retorica una montagna che vive e tiene in vita.. 


"Mio padre aveva il suo modo di andare in montagna. Poco incline alla meditazione, tutto caparbietà e spavalderia". Così inizia "Le otto montagne", il romanzo che ha ampliato in maniera esponenziale la notorietà di Paolo Cognetti. In Fiore mio il suo è un passo che deve tenere conto della presenza di Laki e che si propone allo spettatore come un'occasione di incontri.

(fonte - https://www.mymovies.it)





 


In occasione del 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, A.I.D.A. ha scelto di parlare di violenza maschile sulle donne e delle attività del Centro Antiviolenza con il docufilm Finalmente respiro.
Si tratta di una produzione indipendente, di cui sono previste due proiezioni il 25 e il 28 novembre 2024 presso il Cinema Teatro Filo alle ore 21.

Le serate sono a ingresso libero, previa prenotazione inviando un messaggio Whatsapp al numero
3713097251, dalle ore 09:30 alle 12:30.

INFO E PRENOTAZIONI
info@aidacremona.it
371.3097251
0372.801427

Il docufilm Finalmente respiro racconta di donne. Le donne che hanno subito violenza e quelle che le
accolgono e le accompagnano nel faticoso cammino per uscirne passo dopo passo, insieme.
Con uno sguardo per quanto possibile lieve vanno in scena le storie di alcune donne accolte in A.I.D.A., in maniera rispettosa e tutelante. Le donne maltrattate si raccontano attraverso l’arte di altre donne, che
trasformano tutta questa sofferenza in immagine, musica, parola.
Con la metafora del kintsugi, l’antica tecnica giapponese che con metalli preziosi ricostruisce i frammenti del vasellame rotto, si vuole trasmettere alle donne un messaggio di fiducia in se’ stesse per un futuro di rinascita. Insieme è possibile per ciascuna e per tutte.



SPETTACOLO UNICO
MER 31 GEN - ORE 21.00

BIGLIETTI
BIGLIETTO UNICO - 12 EURO
THE ROCKY HORROR PICTURE SHOW
Regia di Jim Sharman.
Un film con Susan Sarandon, Tim Curry, Barry Bostwick, Richard O'Brien, Meat Loaf, Patricia Quinn.
Musicale - USA, Gran Bretagna, 1975, durata 95 minuti.

SARA' POSSIBILE BALLARE, CANTARE E DIVERTIRSI INSIEME
DURANTE TUTTO LO SPETTACOLO LA PROIEZIONE SARA' ANIMATA
DALLE 
RAGAZZE E I RAGAZZI DI POSAINOPERA COMPANY

A TUTTI I PARTECIPANTI SARA' CONSEGNATO IL KIT UFFICIALE
PER PARTECIPARE ATTIVAMENTE ALLA PROIEZIONE  

ALLE 19.00 CI SI RITROVA PRIMA DELLO SPETTACOLO ALL'OSTERIA DEL FICO
PER BRINDARE ALLA SECONDA STRAORDINARIA EDIZIONE DEL
ROCKY HORROR PICTURE SHOW

BIGLIETTI
BIGLIETTO UNICO - 12 EURO
RIDOTTO ANTANI - 10 EURO
DA ACQUISTARE IN CASSA - ANCHE IN PREVENDITA


Anche all'osteria del Fico sarà possibile
acquistare i biglietti dello spettacolo 

In una notte buia e tempestosa i promessi sposi Brad e Janet, due ragazzi bene della provincia nordamericana, si perdono in un bosco con l'auto in panne e decidono di cercare aiuto presso l'abitazione più vicina, un castello dall'aspetto affatto rassicurante in procinto di ospitare l'Annuale Convegno Transilvano. Una volta dentro, finiscono per diventare ostaggi dell'ambiguo Frank-N-Furter (e del suo stravagante entourage) e scoprono che il dolce travestito è alle prese con un esperimento: dare la vita al bellissimo e muscoloso Rocky Horror per convertirlo nel suo personale giocattolo del sesso. 

Correva l'anno 1975 quando il regista Jim Sharman e il compositore, sceneggiatore, cantante e attore Richard O'Brien davano alla luce del proiettore la versione cinematografica del musical britannico The Rocky Horror Show, che avevano presentato con successo a teatro. Partito male al botteghino, il film diviene presto un cult raccogliendo negli anni consensi e un pubblico di veri e propri idolatri che si sarebbero riuniti regolarmente in piccoli cinema per ricreare le scene - trucco e parrucco incluso - durante la proiezione.

(fonte - https://www.mymovies.it)







IL GRANDE GATSBY
Regia di Baz Luhrmann.
Un film con Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Isla Fisher. Drammatico, - Australia, USA, 2013, durata 142 minuti. 

LA VISIONE DEL FILM SARA' ACCOMPAGNATA DALLA DEGUSTAZIONE DI
CHAMPAGNE CUVEE NATURE, FLEURON E PINOT NOIR

Nella primavera del 1922, il giovane Nick Carraway si trasferisce a Long Island, in una villetta che confina con la villa delle meraviglie di Gatsby, un misterioso milionario che è solito organizzare feste memorabili e del quale si dice di tutto ma si sa molto poco. Cugino della bella e sofisticata Daisy Buchanan, moglie di un ex campione di polo, Nick viene a conoscenza del passato intercorso tra Daisy e Gatsby e si presta ad ospitare un incontro tra i due, a cinque anni di distanza. Travolto dal clima ruggente dell'età del jazz, da fiumi di alcol e dalla tragedia di un amore impossibile, Nick si scoprirà testimone, complice e disgustato, del tramonto del sogno americano.


MIGLIOR SCENOGR. - PREMIO OSCAR 2014
MIGLIORI COSTUMI - PREMIO OSCAR 2014


VERRIER ET FILS

Verrier et fils è una Maison a Etoges, a pochi km da Reims, nella Cote de Blancs.
È stata fondata nel 1860 producendo inizialmente vino fermo; solo nel 1929 Raymond Verrier, cui è dedicata la Cuvée Millésime, crea il marchio e nel 1936 vince la medaglia d’oro alla mostra dei vini di Champagne a Epernay.

La famiglia Verrier si occupa di tutte le fasi produttive, dalla cura delle vigne alla vendemmia fino alla vinificazione. Tutta la produzione ha la certificazione di Haute Valeur Environnementale: non utilizza pesticidi ed erbicidi nelle vigne per avere un impatto inquinante il più basso possibile.
La vendemmia è manuale e la pressatura lenta.

Le viti da cui si possono ricavare 60 000 bottiglie sono a Etoges e Epernay e sono Pinot Meunier, Pinot Noir e Chardonnay. La produzione annua è però di 30 000 bottiglie, dato che sono trasformati in champagne solo i mosti migliori.
Tutti i loro champagne hanno fermentazione malolattica, che permette di ottenere un gusto soffice ed equilibrato al palato.
La lavorazione è completamente manuale, dal remuage fino al degorgemant.


(fonte - https://www.mymovies.it)
















DEMONI D'AUTORE
Una nuova iniziativa cinematografica nata dalla collaborazione con Antonio Capra prenderà il via nel mese di aprile al Cinema FILO: DEMONI D'AUTORE... e nulla fu più come prima.
Tre capolavori del cinema diretti da altrettanti grandi registi che hanno declinato in forme diverse il concetto della paura.

Si inizierà mercoledì 13 aprile alle ore 21.00 con uno dei classici dell'horror, sicuramente uno dei primi del genere, l'iniziatore di un prolifico filone cinematografico: NOSFERATU di W. F. Murnau, film muto del 1922. 




Quindi il 20 aprile si continuerà con PSYCO, del genio registico Alfred Hitchcock, forse il suo più noto film, del 1960, che tratta il tema della follia e del doppio, lasciando alla storia del cinema l'iconica scena della doccia e l'inquietante figura di Norman Bates interpretato da un ispiratissimo
Anthony Perkins.



La rassegna si concluderà il 27 aprile con ROSMARY'S BABY di Roman Polanski, del 1968, una pietra miliare del cinema, soprattutto per la tensione psicologica e per il trattamento del tema del
satanismo e della possessione diabolica.


"Pur in un momento di gravissima crisi delle sale cinematografiche, con il numero di spettatori ridotta al lumicino e costi di gestione sempre più alti - dice Giovanni Schintu gestore con Luca Beltrami della storica sala cittadina - abbiamo ritenuto di continuare a proporre al nostro pubblico una nuova rassegna, dopo quelle dedicate a Tognazzi e Pasolini, questa volta declinando un genere cinematografico che ha da sempre un grande appeal per il pubblico."

Continua Luca Beltrami: "L'idea è nata discutendo con Antonio Capra che presso la nostra sala sta portando avanti con grande successo un corso di cinema che vede coinvolti una ventina di ragazzi e ci piaceva riproporre sul grande schermo davvero dei classici che hanno fatto la storia del cinema.
E, senza svelare troppo, per quelle serate abbiamo in serbo alcune sorprese".

Quindi buio in sala, ma non troppo, perché la paura può fare brutti scherzi.

Tutte le proiezioni avranno inizio alle ore 21.00, con obbligo di mascherina
FFP2 e seguendo le disposizioni anti-COVID in vigore; 8.00 euro intero,
7.00 euro il ridotto e 6,50 euro per studenti i prezzi dei biglietti.





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CREMONA PER UGO
Programma eventi 2022
Marzo

SPLENDORI E MISERIE DI MADAME ROYALE
LUN 21 MARZO - ORE 21.00
INGRESSO LIBERO

21 marzo, Cinema Filo, ore 21: Proiezione del film Splendori e miserie di Madame
Royale (di Vittorio Caprioli, 1970). Intervengono Sandro Parenzo (editore e produttore),
Luca Locati Luciani e Andrea Meroni (autori di una monografia).
Ingresso libero con green pass rafforzato

22 e 23 marzo – Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università
di Pavia, ore 9.30-18.30 (il 22 marzo) e 9.45-13 (il 23 marzo), “Ugo Tognazzi:
questa specie d’attore” Convegno Internazionale di studi promosso dal Dipartimento di
Musicologia e Beni Culturali dell’Università degli Studi di Pavia, dal Comune di Cremona e
con la collaborazione e il patrocinio della Consulta Universitaria del Cinema (CUC) e
dell’Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del cinema (AIRSC). Ingresso libero
fino ad esaurimento posti con green pass rafforzato – l’evento sarà trasmesso in diretta
sul canale youtube del Dipartimento

VENGA A PRENDERE IL CAFFE' D ANOI
MAR 22 MARZO - ORE 21.00
INGRESSO LIBERO

22 marzo, Cinema Filo, ore 21: Proiezione del film Venga a prendere il caffè da noi
(di Alberto Lattuada, 1970), restaurato dalla Cineteca Nazionale (Centro Sperimentale di
Cinematografia). Interviene Alfredo Baldi (contributo video Milena Vukotic).
Proiezione del film La voglia matta di vivere (di Ricky Tognazzi, 2022) alla presenza del
regista. Al termine: brindisi. Buon compleanno Ugo.
Ingresso libero con green pass rafforzato

23 marzo – Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di
Pavia, ore 10: Presentazione del francobollo ordinario appartenente alla serie tematica
“le Eccellenze italiane dello spettacolo” dedicato a Ugo Tognazzi, nel centenario della
nascita, emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico e cerimonia di annullo primo
giorno di emissione promossa da Poste Italiane. Ingresso libero fino ad esaurimento posti
con green pass rafforzato – l’evento sarà trasmesso in diretta sul canale youtube del
Dipartimento

Ottobre
15 ottobre/20 novembre - Cremona- rassegna Gastronomica "A cena con Ugo" con le
ricette di UGO a cura dell’Associazione Strada del Gusto Cremonese

Novembre
12 – 20 novembre Cremona - Festa del torrone con iniziative dedicate 


Un anno ricco di anniversari per Cremona, infatti in questo 2022 ricorrono i centenari dalla nascita di due importanti esponenti della cultura italiana che hanno legato la loro vita, chi in maniera più breve, chi fino agli ultimi giorni, alla nostra città: Pier Paolo Pasolini e Ugo Tognazzi.

"In entrambi i casi - afferma Giovanni Schintu, gestore assieme a Luca Beltrami della storica sala cittadina - il Cinema Filo, pur in un momento di gravissima difficoltà, con un numero di spettatori al lumicino e spese sempre più alte nella gestione, sarà parte attiva nel ricordarli".

Infatti, a partire dal 2 marzo e per i successivi 3 mercoledì, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, verrà presentata la rassegna PASOLINI 100 di 4 titoli, fra i 18 restaurati per l'occasione, per celebrare uno degli intellettuali più anomali, irriverenti ed innovativi del '900.

Ogni proiezione sarà preceduta da una introduzione critica della professoressa Elena Mosconi, docente di storia e critica del cinema, presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell'Università di Pavia, a sottolineare l'ormai collaudata collaborazione del Cinema Filo con l'istituzione universitaria.

La scelta è caduta su 4 titoli che rappresentano il primo momento della cinematografia pasoliniana:
ACCATTONE
IL VANGELO SECONDO MATTEO
MAMMA ROMA
LA RICOTTA
(episodio del film collettivo RO.GO.PA.G.).

Come, ormai da prassi, gli spettacoli avranno inizio alle ore 21.00. Ricordiamo che il costo sarà di 8.00 euro intero, 7.00 euro ridotto e 6.50 euro per gli studenti (universitari con tesserino di riconoscimento)


Il 2 marzo verrà proiettato il primo film realizzato da Pasolini nel 1961: ACCATTONE, che può essere considerato la trasposizione dei suoi precedenti lavori letterari, una metafora di quella parte d'Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città.

Interessante è ricordare come in un primo momento il produttore del film doveva essere Federico Fellini (poi prodotto dall'editore Cino del Duca) e che vi fu la scelta di utilizzare in massima parte attori non professionisti visto che Pasolini li riteneva non rappresentabili da nessun altro che da se stessi. Un aneddoto fra i molti che hanno caratterizzato la realizzazione del film: tra gli aiuto-regista si annovera un giovanissimo Bernardo Bertolucci, alla sua prima esperienza nell'ambito cinematografico.



Quindi il 9 marzo IL VANGELO SECONDO MATTEO, del 1964, definito da Martin Scorsese "il miglior film su Cristo", è incentrato sulla vita di Gesù come descritta appunto dal Vangelo di Matteo.

La materia è trattata in maniera antidogmatica, ancora una volta con attori non professionisti e con un giovane sindacalista spagnolo esule dalla dittatura franchista nel ruolo di Gesù, e il film fece sensazione scatenando un aspro dibattito intellettuale. Memorabili le riprese nei sassi di Matera e nel borgo abbandonato di Craco, in una Basilicata sospesa nel tempo.

Al film venne assegnato il Leone d'Argento-Gran Premio della Giuria al XXV Festival di Venezia.




MAMMA ROMA, del 1962, verrà proposto il 16 marzo, seconda opera di Pasolini che vede la presenza di una Anna Magnani in stato di grazia.

Anche questa prova registica muove sullo sfondo della periferia romana, tutta costruita sulla debolezza dell'umanità disagiata che sogna il riscatto della propria condizione attraverso un'impossibile avanzamento sociale. Nella scrittura della sceneggiatura Pasolini parte da un reale fatto di cronaca, per poi virare verso una più incisiva e corrosiva presa di posizione nei confronti di un certa idea di società.




La rassegna si concluderà il 23 marzo con l'episodio LA RICOTTA, del film collettivo RO.GO.PA.G. (1963), che vede alla regia oltre a Pasolini, Rossellini, Godard e Gregoretti, che nell'episodio IL POLLO RUSPANTE dirige Ugo Tognazzi affiancato dal figlio Riki bambino, in uno degli episodi più caustici di un certo malcostume italiano.

L'episodio pasoliniano racconta di una troupe, il cui regista è interpretato da Orson Welles, impegnata, nella campagna romana, nelle riprese di una passione di Cristo e della triste vicenda dell'attore che interpreta uno dei ladroni, che troverà la morte proprio nella scena della crocefissione.

Per questa regia Pasolini venne condannato per vilipendio alla religione e l'episodio venne tagliato in alcune parti dopo un pesante intervento della Censura. Tuttavia, il regista vinse la Grolla d'Oro.

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"Questa ultima serata, ritenendo Pier Paolo Pasolini uno dei maggiori intellettuali a tutto tondo del secolo appena trascorso - dicono Luca Beltrami e Giovanni Schintu - sarà anche l'occasione per raccontare momenti poco noti della sua formazione durante l'adolescenza , con l'intervento del professor Riccardo Braga, docente di materie letterarie presso il liceo delle Scienze umane "Anguissola", per ricordare appunto il periodo che il regista ancora adolescente passò a Cremona presso il liceo classico "Manin".

Durante la serata, l'attore Graziano Maglia interpreterà alcune letture sceniche da brani esemplificativi del periodo cremonese.

La conclusione della serata sarà affidata al Duo Diamanti, con la sofisticata voce di Marta Cataldi e l'accompagnamento al contrabbasso di Jacopo Sgarzi.




MER 20 OTTOBRE - ORE 21.00
OSPITE IL REGISTA
BIGLIETTO UNICO - 6 EURO
KUFID
Regia di Elia Moutamid.
Documentario, - Italia, 2020, durata 56 minuti.

Elia Moutamid, tornato a Brescia (dove vive fin da bambino) dal Marocco dove si era recato per fare i sopralluoghi del suo prossimo documentario, si trova bloccato nella propria abitazione dalla pandemia. È un’occasione per riflettere su stesso e sul mondo che lo circonda.


UN FILM AUTOBIOGRAFICO CHE RIFLETTE SULLE DINAMICHE UMANE, URBANE E SOCIALI AL TEMPO DELLA PANDEMIA

In apertura va chiarito il senso del titolo. “Kufid” non è la denominazione marocchina del Covid ma una sorta di entità asessuata che ha come spinto il regista a ripensare la propria condizione esistenziale.

Questo documentario ha una molteplicità di sfaccettature grazie alla consapevolezza di Moutamid del profluvio di opere, più o meno riuscite, sul lockdown. Certo, c’è anche quello ma letto come un periodo di sospensione in cui, in un tempo abbastanza breve, si è passati dalla spontaneità delle reazioni collettive e comunitarie (nonostante le distanze) ad accorgersi che alcuni auspici (“ne usciremo migliori”) erano destinati a dissolversi.

Perché poi, all’interno di questi 60 minuti, si costruisce l’attesa per un film a venire, quello per il quale Moutamid era andato a fare i sopralluoghi. Dalle immagini proposte (e anche dalle riflessioni sull’architettura della campagna padana) si avverte come il suo sguardo sul degrado urbanistico e sulla pretesa di risolverlo abbattendo gli edifici che fanno parte della storia delle persone, per sostituirli con palazzoni più o meno anonimi, sia acuto e assolutamente consapevole.

Non manca anche un pensiero complesso sul significato della parola ‘integrazione’. La voce narrante è quella dello stesso regista ed alterna un accento bresciano docg all’arabo. Già in questa scelta si avverte come quella della sua famiglia sia stata una decisione lungimirante: integrare linguisticamente il presente con le radici culturali. Perché in fondo questa è la narrazione di un uomo che si interroga, che non nasconde le contraddizioni che tutti noi viviamo ma le riconosce partendo da una base solida.


Quando poi dichiara di vivere come una costrizione il doversi manifestare come “musulmano moderato”, fa venire alla mente ciò che affermava un maestro dell’autoanalisi in forma di spettacolo: Giorgio Gaber. In “Io se fossi Dio”, a proposito della Brigate Rosse cantava “mi hanno tolto il gusto di essere incazzato personalmente”. Le BR come l’ISIS, con l’uso della violenza, avevano ottenuto il risultato di impedire la libera manifestazione del pensiero che non poteva più essere legittimamente ‘contro’, pena l’omologazione con il terrorismo. È il peccato originale di ogni integralismo e Moutamid fa bene a ricordarcelo.

(fonte - https://www.mymovies.it)


SPETTACOLO UNICO
MER 8 SETTEMBRE - ORE 21.00
BIGLIETTO UNICO 6,00

JODOROWSKY'S DUNE
Regia di Frank Pavich.
Un film con Alejandro Jodorowsky, Michel Seydoux, H.R. Giger,
Documentario, - USA, 2013, durata 90 minuti.

Nel 1975 dopo il successo di nicchia di El Topo e quello più clamoroso (specie in Europa) di La montagna sacra Alejandro Jodorowsky era il cineasta intellettuale più ricercato del mondo, aveva carta bianca e quello che voleva era realizzare il film più importante della storia del cinema, traendo spunto dai romanzi di Frank Herbert. Il suo Dune, doveva essere un film rivoluzionario in grado di cambiare la mentalità delle giovani generazioni fornendo nuovi modelli di riferimento. Per fare questo il regista aveva coinvolto (e ottenuto!) la partecipazione di un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all'esperto di effetti speciali Dan O'Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles. A preproduzione finita e storyboard completo però è mancato il completamento del finanziamento da Hollywood e il film non si è mai fatto. Almeno non nella maniera in cui Jodorowsky l'aveva immaginato.


Frank Pavich ricostruisce il caso clamoroso di un capolavoro mai realizzato, in un documentario presenato nella "Quinzaine des réalisateurs", a Cannes 2013.

Come ricorda il regista Nicolas Winding Refn, amico personale di Alejandro Jodorowsky intervistato per il documentario, è impossibile determinare quanto e come sarebbe cambiato il concetto di blockbuster se alla fine degli anni '70, quando questo tipo di modalità produttiva stava emergendo, il punto di riferimento del cinema d'intrattenimento fosse diventato il Dune immaginato dal regista messicano invece del Guerre Stellari di George Lucas.

Per anni questo Dune mai girato è stato l'oggetto definitivo del desiderio cinefilo, assieme al noto librone contenente tutto il film scena per scena, illustrato da Moebius, con gli inserti di costumi e scenografie di Giger. Il manualone è la base dalla quale Jodorowsky rievoca oggi il suo film, raccontando per filo e per segno come sarebbe dovuto essere ma soprattutto rievocando l'incredibile storia di come sia partita e poi naufragata questa produzione, come abbia convinto quelle incredibili personalità a lavorare con lui e come li abbia stimolati per due anni a dare il meglio su un progetto che non si è mai fatto.

Il risultato è un documentario esilarante, in cui Frank Pavich, è molto bravo a scandire l'esuberanza dell'84enne Jodorowsky, alternandola con i bozzetti e le interviste agli altri interpreti dell'avventura, condendo i resoconti di come sarebbero state girate le scene con la visualizzazione (più o meno animata) dei disegni che furono fatti all'epoca. Un lavoro di montaggio acuto e ritmato che mette il cineasta in seconda posizione per far emergere Jodorowsky, grandissimo interprete di se stesso e narratore dalla splendida capacità di trasmettere la passione e l'intensità di una ricerca totalmente folle, che procede per aneddoti tra l'improbabile e l'incredibile. Forse l'unica possibile maniera di analizzare a freddo come nasca l'arte.

Non manca un po' di agiografia e qualche esagerazione sulle possibili influenze che quel manualone di un film che non si è mai fatto, dopo aver girato molto negli studi di Hollywood, avrebbe avuto su tutta la fantascienza a seguire. Tuttavia è raro che un documentario di pura filologia cinefila sia in grado di restituire quel complesso di follia, entusiasmo e senso dell'avventura necessari per dar vita ad un film, raccontare cioè oltre ai fatti anche la sensazione della creazione di un'opera d'arte collettiva in uno degli ultimi periodi in cui esisteva ancora la convinzione che un film potesse cambiare il mondo.
Con questo documentario la storia del Dune mai girato da Jodorowsky ha finalmente una canonizzazione ufficiale con una narrazione degna del senso dell'epica, dell'ambizione e contemporaneamente del grottesco che ha circondato tutta l'impresa del making di un film tra i più importanti di sempre nella categoria di quelli "inesistenti". 

(fonte - https://www.mymovies.it)




MER 11 NOVEMBRE - ORE 20.30
BIGLIETTO UNICO 6,00 EURO
BANKSY
L'ARTE DELLA RIBELLIONE
Regia di Elio Espana.
Un film con Banksy, Felix Braun, Ben Eine.
Documentario, - Gran Bretagna, 2020, durata 112 minuti.

Tutti conoscono Banksy. E in tanti lo amano. È talmente noto che il termine "the Banksy effect" è diventato ormai un detto comune. L'"effetto Banksy" ha spopolato da anni e non cessa di espandersi. Lo street artist inglese è di fatto patrimonio della cultura e dell'immaginario popolare collettivo come una pop star, o come un politico. Banksy. L'arte della ribellione il film diretto da Elio España, è una riprova che di questa figura, ormai non più così misteriosa, c'è sempre qualcosa da raccontare.



A differenza di altri film come Exit through the gift shop, diretto dall'artista stesso, ma che rimane un escamotage per narrare un altro provocatore quale è Mr. Brainwash con le sue dubbie opere, o l'italiano L'uomo che rubò Banksy di Marco Proserpio dello scorso anno, che si concentra sull'opera "rubata" da un muro - ora famosissimo - in Palestina, Banksy - L'arte della ribellione cerca di addentrarsi nella figura del graffitaro in maniera più approfondita.

Il documentario infatti utilizza l'artista di Bristol per sviluppare una sintesi sulla storia dell'Inghilterra attraverso alcuni capisaldi socio-politico-culturali. Dagli allarmanti movimenti in strada del 1979, dove i giovani attuavano una rivoluzione contro il bigottismo e le catene comportamentali di Margaret Tatcher, alla nascita delle varie sottoculture underground che facevano capolino dalle discoteche e dai locali inglesi in cui iniziava a farsi sentire la musica punk, e poi quella tecno insieme alle varie sperimentazioni chimiche legate agli acidi e alla LSD, fino allo scoppio delle mode accreditate dal pubblico e dalla massa. E Banksy era li, acuto osservatore e ironica cartina tornasole.

Nato a fine degli anni Settanta, cresciuto negli Ottanta e, attraverso le sue prime azioni con le più note crew di graffitari della periferia inglese - Bristol, la sua città, rimarrà sempre la matrice principale -, attivo dalla fine degli anni Novanta, Banksy si fa via via conoscere con un semplice gesto: unire all'immaginario generico un messaggio chiaro e semplice che possa essere da tutti compreso.

Con una bravura stilistica riconoscibile: era il più talentoso nel dipingere "free hand", a mano libera, in velocità. L'arte di strada non è più nascosta tra i treni dove si rischia la vita per dipingere, o sui muri più segreti delle strade darkettone della Londra postindustriale, ma viene spostata in centro, alla mercè di tutti. Banksy, così come raccontano testimoni attivi del mondo dei graffiti inglese, tra cui il mitico Eine - quello delle "letterone" circus colorate per le strade di Londra -, Alan Ketz, Scape Martinez, fino al suo manager Steve Lazarides, ha una rapida evoluzione sia nella street art, di cui sovverte un po' le regole, che nel mercato dell'arte.

I suoi temi ricorrenti - i topolini tratti dall'artista francese Le rat, le bambine con i palloncini a forma di cuore, i poliziotti inglesi, i soldati che al posto delle armi portano fiori, gli smile, i mickey mouse... - viaggiano dalle strade del suo paese a quelle dell'Europa - Parigi, Berlino... -, fino alla Palestina e New York, giungendo ad esporre in gallerie private e poi nei musei.

Interessante, dal punto di vista mediatico, la sostituzione di opere storiche nei musei con dipinti realizzati da lui, per cogliere di sorpresa il pubblico retrò e stantio di quei luoghi. Per poi giungere a un palcoscenico "alto" come quello della casa d'aste Sotheby's, dove il famoso, piccolo - e semplice nella fattura e nel messaggio - dipinto della "bambina col palloncino", "Girl with Balloon", viene battuto per 1 milione e 42 mila sterline, per poi essere auto distrutto pochi attimi dopo la vendita, da un meccanismo inserito nel retro della tela. Un altro successo, un altro scherzo.

Dai treni alle strade del centro. Dall'immagine alla parola. Questo è il percorso definito, chiaro e documentato, azione dopo azione, tra Londra, Parigi, New York, fino a Venezia, in cui le svariate operazioni di Banksy si sono evolute focalizzandosi su problematiche ben più gravi rispetto alla sua estetica. Atti critici che, diventati popolari, hanno assunto un ruolo disneyano di intrattenimento, per citare Dismaland, la gigante installazione temporanea che Banksy creò nel 2015 come incubatore pop dove mostrare le sue opere e quelle degli amici. Un incubatore che ha contato 150 mila visitatori e 20 milioni di sterline in un mese di apertura.


(fonte - https://www.mymovies.it)


MER 28 OTTOBRE - ORE 20.30
BIGLIETTO UNICO 6,00 EURO
IL CASO PANTANI 
L'OMICIDIO DI UN CAMPIONE
Regia di Domenico Ciolfi.
Un film con Francesco Pannofino, Marco Palvetti, Brenno Placido, Fabrizio Rongione, Domenico Centamore.
Drammatico, - Italia, 2020, durata 150 minuti.


La vicenda di Marco Pantani viene narrata in un docudrama a partire dal 5 giugno 1999 (giorno in cui a Madonna di Campiglio venne escluso dal Giro d'Italia perché trovato con un valore di ematocrito troppo alto) fino al 14 febbraio 2004 in cui venne rinvenuto morto in una stanza di un residence a Rimini.


L'opera prima di Domenico Cioffi parte da un assunto che viene chiarito sin dal titolo l'omicidio di un campione. Si sarebbe anche potuto titolare L'uomo che venne ucciso due volte perché il film mette chiaramente in luce come, prima della morte fisica del 2004 il Pirata fosse già stato ammazzato da quella sentenza 'sportiva' del giugno 1999.

Le virgolette sono d'obbligo perché la tesi del film è quella di una manomissione della provetta del prelievo fatto al campione al fine di evitare alla camorra un enorme esborso di denaro per le scommesse clandestine che avevano puntato su di lui. I film a tesi sono destinati (come è ovvio) a far discutere. C'è chi vi aderisce e chi invece solleva dubbi sulla verosimiglianza. Accadrà anche in questo caso in cui si colloca ogni situazione datandola e collocandola con precisione (tranne in una scena che lo spettatore attento saprà individuare).

Cioffi si avvale della prestazione di tre attori per interpretare Pantani (Brenno Placido, Marco Palvetti, Fabrizio Rongione) e questo offre qualche discontinuità soprattutto sul piano vocale. C'è chi utilizza la cadenza emiliana e chi invece se ne distacca completamente. L'indagine non è però solo di carattere investigativo (elemento a cui viene principalmente affidata l'ultima parte del film) ma scruta senza fare sconti a nessuno, Pantani compreso, l'animo di un campione amato dal pubblico che improvvisamente passa manzonianamente dall'altare alla polvere con tutte le conseguenze immaginabili e non.

A sostenere questo ritratto intervengono anche immagini dell'epoca in cui compare il vero Pantani. La doppia tesi del complotto (sia per l'esclusione dal Giro d'Italia sia per la sua morte) è sostenuta da prove d'appoggio dibattimentali notevoli. Molto più la prima però che la seconda in cui molti elementi risultano incongruenti con le conclusioni a cui si arrivò all'epoca (morte per overdose di cocaina e farmaci) ma in cui non si spiega per quale motivo le indagini avrebbero dovuto condurre a valutazioni opposte all'ipotesi dell'omicidio. Se nella vicenda del giugno 1999 un mandante (la camorra) è precisamente individuato in quella del febbraio 2004 manca la risposta alla domanda: Cui prodest? 




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SPETTACOLO UNICO
MAR 27 OTT - ORE 20.30
INGRESSO GRATUITO
LA VOGLIA MATTA
Un film di Luciano Salce.
Con Ugo Tognazzi, Catherine Spaak, Gianni Garko, Franco Giacobini, Luciano Salce.
Commedia, b/n durata 105 min.

n industriale milanese quarantenne, mentre sta recandosi a visitare il figlio in collegio, si imbatte in un gruppo di studenti diretti al mare. L'industriale accetta di accompagnarli e di trascorrere con loro il week-end. Messo alla berlina con una serie di scherzi, si invaghisce di una ragazzina che per qualche momento lo fa illudere di essere di nuovo ventenne. Ma, terminata la giornata festiva, la ragazzina se ne va coi suoi compagni e l'industriale deve rendersi conto che indietro non si torna.




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IL CINEMA RITROVATO

STAGIONE 2020-21

L'appuntamento sarà per ogni primo mercoledì del mese. Il primo
appuntamento sarà l'omaggio per i 40 anni dall'uscita nelle sale di THE ELEPHANT MAN di David Lynch, tratto dalla storia vera di John Merrick, che pre le deformità fisiche divenne un fenomeno da baraccone soprannominato appunto l'uomo elefante; quindi mercoledì 4 novembre verrà proiettato CARO DIARIO (1993) di Nanni Moretti, sicuramente il suo più intimo e personale film. La rassegna proseguirà il 2 dicembre con la prima regia di Pier Paolo pasolini, che ebbe come aiuto un giovanissimo Bernardo Bertolucci, ACCATTONE (1961), un feroce e crudele spaccato del sottoproletariato romano. Dopo la pausa natalizia la rassegna riprenderà a gennaio con il manifesto della Nouvelle Vague FINO ALL'ULTIMO RESPIRO (1960) di Jean-Luc Godard, quindi a
febbraio GLI SPOSTATI (1961) di John Huston che vede per l'ultima volta sul grande schermo Marilyn Monroe e Clark Gable; a febbraio invece il documentario QUANDO DERAVAMO RE (1996) di Leon Gast, che ricostruisce la carriera del più grande pugile di tutti i tempi: Cassius
Clay, ovvero Mohamed Alì. La rassegna si concluderà a marzo con il capolavoro del genere poliziesco SERPICO (1973) di sidney Lumet con uno strepitoso Al Pacino.

Gli spettacoli, in questa fase iniziale di riapertura, saranno di mercoledì con un'unica proiezione alle ore 21.00.




LO PUOI VEDERE
DAL 27 GIUGNO SU
MATTHIAS E MAXIME
Regia di Xavier Dolan.
Un film con Xavier Dolan, Harris Dickinson, Anne Dorval, Marilyn Castonguay, Catherine Brunet. C
Drammatico - Canada, 2019, durata 119 minuti.

Maxime sta per abbandonare Montreal per trasferirsi il più lontano possibile: in Australia, dove conta di mantenersi facendo il cameriere in un bar. Il giovane uomo è circondato dagli amici di infanzia, un gruppo chiassoso e dissacrante che continua a volersi bene nel modo in cui lo fanno i bambini: giocando, ruzzolando, prendendosi a cazzotti. Intorno a lui non ci sono maschi adulti ma tante figure femminili, fra cui la madre alcolizzata e invelenita che lui conta di affidare a una guardiana in sua assenza dato che fino a quel momento, grazie alla latitanza di suo padre e suo fratello, è sempre stato il solo ad occuparsene.

Maxime ha un angioma sul viso che contiene in sé il disegno di una lacrima, primo indizio della sua differenza: un indizio incancellabile che gli impedisce di nascondersi. A nascondersi molto bene invece è il suo amico d'infanzia Matthias, figlio di un padre lontano che ha gli ha preparato un futuro di avvocato. La mamma di Matthias è affettuosa e (fin troppo) presente, così come la fidanzata. A turbare gli equilibri nella compagnia di amici è il filmino studentesco che Erika, la sorella di Marco, unico membro del gruppo apertamente gay, gira scegliendo per soggetti proprio Maxime e Matthias. Per il primo quella partecipazione è una scelta, per Matthias è invece la punizione per una scommessa persa. Ma il film accenderà i riflettori su entrambi, e sulla loro amicizia.


Xavier Dolan torna sui temi che costituiscono la sua poetica: la sessualità come ricerca identitaria e i legami amicali e famigliari. Tutto è raccontato con il consueto stile impaziente di un regista che ha girato il suo primo lungometraggio a 19 anni e non si è più fermato, con la fretta di rappresentare il (suo) mondo in maniera bulimica e impavida.

Dolan ha la capacità di calamitare a sé un affetto travolgente, e di amore travolgente racconta. Matthias e Maxime è un film sull'energia che muove il sole e le altre stelle, e più l'elastico si tende nel tentativo di combattere quel sentimento, più torna a colpirci in faccia, come uno sputo, come un telecomando tirato con rabbia perché non basta a controllare l'altro. Matthias, già pilotato a distanza dal padre, fa del suo meglio per sottrarsi ad un altro telecomando: quello che ha in mano Maxime, che non lo usa e aspetta perché, marchiato dalla nascita, ha imparato ad accettare il suo destino. Matthias invece cerca di adattarsi alla vita "normale" da famigliola felice che appare su un cartellone stradale sponsorizzato dalla Chiesa.

Intorno a loro il caos è grande e Dolan lo alimenta con accelerazioni, tagli veloci, musiche che oscillano fra un pop contagioso e un repertorio classico dal respiro melodrammatico. La tensione è ben gestita fino alla scena clou che si svolge nella cucina di una festa, con il geniale controcampo di un gruppo di amici che corre a mettere in salvo il bucato da un improvviso temporale. È quella la conclusione naturale di un film che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, perché è costruito interamente intorno al contenuto non visto del filmino amatoriale di Erika, e non può che concludersi con la sua reinterpretazione: tutto ha gravitato intorno a quel momento di verità che avrebbe dovuto iniziare una rivoluzione, e invece è rimasto nel non detto.

Invece il film va avanti perché Dolan non può fermarsi, deve continuare la sua sfida al cinema che l'ha preceduto (in particolare quello del suo connazionale Denys Arcand con le sue Invasioni barbariche) e insiste a dire la sua, ancora e ancora, con quella precipitosità linguistica che rende il personaggio di Maxime, interpretato dal regista-sceneggiatore canadese, leggermente balbuziente. C'è bisogno dell'energia di Dolan e della sua capacità di raccontare l'amore come non etichettabile, come cantava Bette Midler (qui interpretata da una voce maschile): che sia un fiume o un rasoio, che sia una dolorosa necessita' o un fiore del quale siamo noi, purtroppo e per fortuna, i semi. 


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EMA


EVENTO ESCLUSIVO
INTERVISTA  + 
ANTEPRIMA DEL FILM
SOLO IL 13 GIUGNO ENTRO LE 24 
EMA
Regia di Pablo Larraín.
Un film con Gael García Bernal, Santiago Cabrera, Mariana Loyola, Mariana Di Girolamo, Giannina Fruttero.
Drammatico - Cile, 2019, durata 102 minuti.

EMA di Pablo Larrain sarà presentato in anteprima assoluta su Mio Cinema.
L'appuntamento è sabato 13 giugno alle ore 21.00: ad introdurre il film al pubblico sarà il regista del film, Pablo Larraìn. Insieme a lui Alberto Barbera, direttore della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Alle ore 21.30 partirà la proiezione unica e a pagamento del film, visibile e non replicabile oltre la mezzanotte. Si tratta di una meccanica nuova ed eccezionale valida solo in occasione di questo film.

Ema è fuoco che brucia, Gastón il focolare che lo contiene. Lei è una ballerina, lui il suo coreografo. Insieme hanno adottato Polo, insieme hanno fallito la sua adozione. Incapaci di gestire i suoi traumi, lo hanno 'restituito' ai servizi sociali e adesso navigano a vista tra rimorsi e accuse. Ema vuole il divorzio e si rivolge all'avvocato che ha accolto Polo dopo il loro fallimento. La donna, ignara delle reali intenzioni di Ema, se ne innamora come il marito, un pompiere avvenente sedotto dopo l'incendio doloso della propria auto. Perché Ema ha un piano e niente può fermarla.

"Separate una madre da suo figlio e funzionerà sempre", diceva Riccardo Freda, autore 'per tutti i generi'. Il regista italiano sosteneva che il melodramma fosse la maniera del cinema di 'volgarizzare' la tragedia, provocando nello spettatore una forma di piacere nel dispiacere. A lungo, e sovente a torto, questi women's pictures costrinsero le loro eroine dolenti in una condizione di sottomissione e di rassegnazione masochista, almeno fino alle produzioni di John M. Stahl, King Vidor o Douglas Sirk che invertirono la rotta e l'ideologia, prima della lettura pessimista di Rainer Werner Fassbinder e delle deflagrazioni sentimentali di Todd Haynes.


Pablo Larraín realizza un film radicalmente diverso dai precedenti e imprime al melodramma una concezione dell'amore contemporanea (la fluttuazione delle identità di genere), affrancando i sentimenti della sua eroina da qualsiasi senso di colpa e abbandonandola al vacillamento dei sensi e dello spirito.

Autore concettuale, Larraín concepisce la messa in scena come una sperimentazione sul linguaggio, raccontando la storia di una coppia come un flusso di coscienza che si esprime con la luce, i colori, la musica che sale e rifluisce in onde successive seguendo gli slanci amorosi dei personaggi. Larraín continua a interrogare quello che accade intorno a lui alla ricerca di una verità invisibile nella società cilena contemporanea. E niente come il melodramma illustra in maniera altrettanto esemplare il cuore di una nazione e la costruzione sentimentale e sociale dei sessi. Più interessato a sollevare domande, piuttosto che a diffondere o sostenere idee, le sue immagini astratte traducono la ristrutturazione singolare di un ménage familiare abitando sentieri inediti e sconosciuti.

Ema lascia fuori campo la cronaca sentimentale di una diade messa alla prova da un'adozione e si concentra sulla crisi coniugale e il riallineamento delle dinamiche individuali e familiari. L'assestamento si trasforma con Larraín nella coreografia di un corpo elastico e sincopato che esercita una forza di attrazione e allarga gli orizzonti familiari. Sullo sfondo di Valparaíso, 'accesa' col lanciafiamme, il regista cileno sperimenta con la sua protagonista nuove forme espressive, codici relazioni e modelli familiari, aggirando il destino del mélo, trascendendone i codici tradizionali e concependo una nuova (forma) di vita.

Melodramma pansessuale e incendiario, Ema si iscrive nella 'biologia del genere' e si fa trascrizione di un dolore che passa per una rappresentazione conturbante, dove la danza ha un posto preponderante e canalizza l'irriducibilità della sua eroina. Mariana di Girolamo è il volto diafano che detiene quella cosa segreta che Pablo Larraín vuole esaltare, il gesto anarchico che fa esistere (e ardere) il suo film e i suoi spazi urbani. Attrice della televisione cilena, segue il ritmo martellante del reggaeton e quello di un senso di colpa che il suo personaggio prova a far tacere con l'amore. Amore che cerca indistintamente nei letti degli altri e delle altre, perché Ema ama e non conosce limiti, fa solo quello che desidera, non esita a usare la sua libertà (artistica e sessuale) e adesso ha un piano segreto per recuperare quello che ha perduto. Il figlio, il marito e una vita in comune che malgrado il sentimento che li lega ha avuto ragione di loro. Loro che si amano ma si detestano in campo e controcampo, loro che non esitano a dirsi reciprocamente cose orribili attraverso dialoghi frontali che sembrano monologhi interiori.

Vanitosa come Neruda, Ema non si fa scrupoli a manipolare chi la circonda pur di arrivare al suo scopo, riducendo in cenere il suo mondo per poi riconfigurarlo. L'amore è una cosa meravigliosa, certo ma anche complicata per la protagonista, seducente e segreta, tonica e lucida come un metallo. È una donna alla ricerca di sé mentre la sua vita familiare affonda, è una mamma che rischia tutto per raggiungere quello che vuole e (ri)congiungersi con chi vuole, esasperando i più fedeli sostenitori ma continuando a irradiarli parola dopo parola, passo dopo passo.

Ema, opera 'gravida' e perturbante, offre a chi si lascia tentare un'esperienza stordente aperta al musical e alla stilizzazione del videoclip. Come la sua eroina fa breccia nel cuore dello spettatore, disorientato da un tappeto musicale essenziale per la creazione dell'impatto emozionale. La messa in scena non è mai andata così lontana nel cinema di Larraín che 'disegna' coreografie, trasfigura i suoi attori in primi piani iconici e poi deraglia ma solo per trovare un percorso alternativo, quello che conduce all'immaginazione e apre ipotesi sull'individuo e sulla coppia. Per verificarle serve soltanto un pieno di benzina


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LO PUOI VEDERE
DAL 6 GIUGNO SU
18 REGALI
Regia di Francesco Amato.
Un film con Vittoria Puccini, Benedetta Porcaroli, Edoardo Leo, Sara Lazzaro, Marco Messeri.
Biografico, Drammatico, - Italia, 2020, durata 115 minuti.

Elisa, incinta, fa un'ecografia di controllo: è una bambina, e sta bene. Ma a non stare bene è invece Elisa, che scopre di avere un tumore. Essendo una donna estremamente concreta - anche perché il marito Alessio lo è molto meno - Elisa si adopera per provvedere al futuro di quella figlia che forse non riuscirà a conoscere, arrivando al punto da preparare per lei 18 regali, uno per ogni compleanno, fino alla maggior età. Ma la figlia Anna accoglierà quei regali non tanto come un dono d'amore, quanto come una pesante eredità, o una sorta di macabro ricatto morale. Il giorno del suo 18esimo compleanno si sottrarrà al rito, andando incontro alla più incredibile delle sorti: trovarsi faccia a faccia con la madre scomparsa.


Ispirato alla vera storia di Elisa Girotto raccontata dal marito Alessio Vincenzotto, che ha anche collaborato alla sceneggiatura, 18 regali si inserisce nel sottogenere di film che raccontano una scomparsa prematura seguita da una testimonianza della persona defunta dilazionata nel tempo, da My Life - Questa mia vita a P.S. I Love You - Non è mai troppo tardi per dirlo.

Francesco Amato, regista e cosceneggiatore (con Massimo Gaudioso e Davide Lantieri) fa del suo meglio per evitare le trappole del pietismo e della lacrima gratuita, e la sua mano (più) leggera cerca strade meno convenzionali e soluzioni narrative meno manipolatrici.

Anche la svolta soprannaturale della vicenda, che vede Anna adulta confrontarsi con la propria madre incinta di lei, è gestita con un certo pudore, ma comporta molte implausibilità e alcune sviste logiche. Soprattutto manca, rispetto a quello che è un altro sottogenere (cui appartengono film come Peggy Sue si è sposata), il senso di vertigine che può provare un essere umano davanti alla versione giovanile dei membri della propria famiglia. Sono ben seminati invece alcuni elementi simbolici, come la propensione di Anna a tuffarsi all'indietro o lo scambio delle scarpe fra madre e figlia, parte di quel percorso di crescita che a Elisa e Anna è mancato.

Amato sceglie di imprimere alla sua storia il tono disincantato e iconoclasta dell'adolescente che ne è protagonista, e Benedetta Porcaroli entra bene in quell'atteggiamento strafottente, mentre Vittoria Puccini presta al ruolo di Elisa la sua immagine di persona precisa e rigorosa, risultando perfettamente credibile nei panni di una pianificatrice che, anche di fronte ad una malattia letale, continua imperterrita a stilare liste.

Ci sono sottolineature eccessive, come la musica spalmata ovunque, e un cambiamento troppo repentino in sceneggiatura fra la caratterizzazione iniziale della coppia Elisa-Alessio e quella che si sviluppa dopo la notizia della malattia. Ma 18 regali fa la scelta coraggiosa di raccontare un rapporto mamma-figlia in tutta la sua amorevole conflittualità, indipendentemente dalle condizioni entro cui si dipana. E pone una domanda davvero dolorosa: come si fa a tagliare il cordone ombelicale emotivo dalla propria madre quando si è a malapena fatto in tempo a tagliare quello fisico?


(fonte - https://www.mymovies.it)


LO PUOI VEDERE DAL 18 MAGGIO
FINO AL 18 GIUGNO SU
I MISERABILI
Regia di Ladj Ly.
Un film con Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly.
Drammatico, - Francia, 2019, durata 100 minuti.
V.M. 14 ANNI

🥇 PREMIO DELLA GIURIA - FESTIVAL DI CANNES 2019 🥇
🥇 RIVELAZIONE EUROPEA - EUROPEAN FILM AWARDS 2019 🥇
🥇 MIGLIOR FILM FRANCESE - CESAR 2020 🥇
🥇 CÉSAR DEL PUBBLICO - CESAR 2020 🥇
🥇 MIGLIOR ATTRICE ESORDIENTE - CESAR 2020 🥇
🥇 MIGLIOR MONTAGGIO - CESAR 2020 🥇
🥇 MIGLIOR FILM - LUMIERE AWARDS 2020 🥇
🥇 MIGLIOR ATTORE ESORDIENTE - LUMIERE AWARDS 2020 🥇
🥇 MIGLIOR SCENEGG.RA - LUMIERE AWARDS 2020 🥇
🥇 MIGLIOR FILM EUROPEO - GOYA 2020 🥇

Montfermeil, periferia di Parigi. L'agente Ruiz, appena trasferitosi in loco, prende servizio nella squadra mobile di polizia, nella pattuglia dei colleghi Chris e Gwada. Gli bastano poche ore per fare esperienza di un quartiere brulicante di tensioni tra le gang locali e tra gang e forze dell'ordine, per il potere di dettare legge sul territorio. Quello stesso giorno, il furto di un cucciolo di leone dalla gabbia di un circo innesca una caccia all'uomo che accende la miccia e mette tutti contro tutti.


Ispirato alle rivolte di strada di Parigi del 2005 e ad altri fatti realmente accaduti, con I Miserabili il regista Ladj Ly, nato e cresciuto, anche come filmaker, nel sobborgo che racconta, espande l'omonimo cortometraggio in un film di grande impatto, tale da riportare alla mente L'Odio di Kassovitz, rispetto al quale misura anche la crescita frammentata ed esponenziale di certe realtà della banlieue parigina.

I Miserabili, che del grande romanzo popolare di Victor Hugo usa l'ambientazione e una didascalia finale, ma soprattutto incarna le preoccupazioni profonde, non conta un momento di troppo, ma contiene al suo interno tre film ben distinti.

Il primo, il prologo, è un film di finzione, nonostante la realtà delle immagini: la Francia multiculturale unita dal tifo per la nazionale di calcio in una gioiosa sintesi interetnica e interreligiosa. Poi c'è il secondo film: la vita di tutti i giorni, costruito come un teso film di genere, che intreccia la giornata dei tre agenti con quella del "Sindaco" e del suo braccio destro, impegnati a farsi strada come boss del quartiere, con gli affari dei boss locali dello spaccio, dei Fratelli Musulmani e del loro leader, Salah, schedato come pericoloso perché insieme ai kebab dispensa il suo pensiero, e poi con i gitani del circo e con i tanti ragazzini dei palazzoni popolari, come Issa, che ne combina una dietro l'altra, o Buzz, che col suo drone spie le ragazze e ciò che non dovrebbe.

Un film multifocale, nel quale il punto di vista del nuovo arrivato non coincide con quello dei due veterani della pattuglia, e nel quale dialogano senza saperlo lo sguardo orizzontale della polizia, che cerca di farsi strada nel labirinto delle gang, come in un mercato all'aperto, e quello dell'alto del drone, che diviene accidentalmente testimonianza, coscienza sporca, arma.

A riempire il vuoto intermedio tra i due livelli ci penserà il terzo film, quello più amaro, chiuso dentro il palazzo suburbano come dentro un cuore di tenebra, dislocato in verticale lungo scale e pianerottoli. Qui si gioca la guerra decisiva, tra generazioni. La guerra contro la rabbia istintiva, di chi è arrivato a sopportazione; la guerra che scardina le regole del sistema e il cui esito è ancora aperto, perché è un conflitto in atto, o forse ancora in potenza, ma pronto a deflagrare, alle porte della città e della società. Quest'ultimo è il film di denuncia, nascosto dietro il fumo dell'azione e dei lacrimogeni fatti in casa.

Ladj Ly (già co-regista del bellissimo documentario A voce alta) conosce da vicino ciò che racconta, e questo, insieme ad un'ottima scrittura, lo esime dall'indulgere in qualsiasi introduzione o commento di sorta, permettendogli di affidare solo e soltanto alla tensione dell'azione la chiarezza del suo messaggio.





(fonte - https://www.mymovies.it)

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