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LA DOLCE VITA MER 9 OTT - ORE 17.00 I SOLITI IGNOTI MER 9 OTT - ORE 21.00
DIVORZIO ALL'ITALIANA MER 16 OTT - ORE 21.00
8 E 1/2 MER 23 OTT - ORE 17.00 MATRIMONIO ALL'ITALIANA MER 23 OTT - ORE 21.00
PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA MER 30 OTT - ORE 17.00 UNA GIORNATA PARTICOLARE MER 30 OTT - ORE 21.00
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MASTROIANNI 100
Il 28 settembre 1924 nasceva uno dei più grandi divi del cinema mondiale: Marcello Mastroianni. La
Cineteca di Bologna, con il suo progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema, celebra i 100 anni di
Marcello Mastroianni portando nelle sale italiane 7 film che ripercorrono una carriera
con pochi eguali.
Iniziamo dal 1954: Marcello è al fianco di Sophia Loren in Peccato che sia una canaglia di
Alessandro Blasetti; nel 1958 entra nella banda più improbabile della storia del cinema, quella dei
Soliti ignoti di Mario Monicelli. Nel 1960, La dolce vita di Federico Fellini consacra l’icona a livello
mondiale. L’anno successivo, il 1961, Pietro Germi lo trasfigura in chiave grottesca nel suo Divorzio
all’italiana. La consacrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, è definitiva quando presta il volto a
Federico Fellini nel suo 81⁄2 del 1963. Con l’ispirazione di Eduardo e la regia di Vittorio De Sica,
ritroviamo, nel 1964, Marcello e Sophia in Matrimonio all’italiana. Diversi anni dopo, nel 1977, la
coppia si ritrova in una delle sue interpretazioni più toccanti, Una giornata particolare di Ettore
Scola.
“Nessuno è mai stato protagonista di così tanti capolavori – racconta il direttore della Cineteca di
Bologna Gian Luca Farinelli –, facendo sempre scelte coraggiose, come, ad esempio, dopo La dolce
vita e 81⁄2, quando tutti lo volevano latin lover e lui, invece, scelse di inanellare una serie incredibile
di film in cui è impotente, forse omosessuale, cornuto, contribuendo a creare un’immagine diversa
del maschio italiano, sensibile, elegante, perdente, ironica, empatica. Forse proprio per questo non ci
pare possibile che compia oggi 100 anni, perché tra tutti gli attori della sua generazione solo lui ci
pare un nostro contemporaneo. È il motivo per cui abbiamo deciso di celebrarlo, non con un solo
film, ma distribuendo in Italia addirittura 7 capolavori da lui interpretati”
TUTTI I FILM
La dolce vita fu una svolta importantissima nella mia carriera. Al ruolo arrivai nella maniera più
convenzionale, più normale. Un famoso regista ti fa sapere che vuole vederti, Fellini in questo caso,
tu vai a un appuntamento a Fregene perché quella è la sua spiaggia preferita, ecco, così... Io mi ci
recai con l’avvocato, per darmi un po’ un tono, mi ero detto: “Hai visto mai che ’sto regista
famoso...? E allora fammici andare con Ferrara, l’agente!”. Fellini, dandomi subito del tu, fece:
“Ho piacere che sei venuto: ho pensato a te, sai, a me non importa la bravura di un attore, mi
servirebbe la tua faccia qualunque. Anche se De Laurentiis vuole Paul Newman, a me non interessa,
voglio un volto qualsiasi come il tuo”. Lì per lì rimasi molto imbarazzato perché, anche se sapevo
benissimo di avere un volto come diceva lui, questa sua uscita era brutale. Allora, anche perché
avevo l’avvocato Ferrara accanto chiesi: “Ma potrei leggere il copione prima di decidere?”. Lui
ribatté: “Sì, come no”, e chiamando Ennio Flaiano che stava sotto un ombrellone, gli disse di
portarmelo. Dopo un minuto Flaiano arrivò con un mucchietto di fogli bianchi su cui non c’era
scritta neppure una parola. Solo c’era un disegno fatto da Fellini che rappresentava il mare, le onde,
dentro le quali nuotava un uomo con un fallo lunghissimo che arrivava fino al fondale, circondato
da un gruppetto di sirene che danzavano. Io divenni rosso, verde, ero molto imbarazzato, ebbi la
netta sensazione che Federico si fosse preso gioco di me, di questo attore che per giunta arrivava
con l’agente e che, quindi, aveva proprio sbagliato sistema. Così per salvarmi dalla situazione, dissi:
“Va bene, molto interessante, faccio il film”.
Marcello Mastroianni
Agli inizi della mia carriera cinematografica, furono per me molto importanti due registi. Luciano Emmer con Domenica d’agosto, un film che ebbe un gran successo, anche all’estero. E poi Mario
Monicelli, che allora lavorava in coppia con Steno.
Ho girato tanti film con Monicelli, per esempio I soliti ignoti. Nacque per sfruttare le scenografie delle Notti bianche, che avevo fatto con Visconti e che era costato molto.
Poi, in realtà, non girammo mai nel teatro di posa con le scenografie delle Notti bianche.
Nei Soliti ignoti scattò la stupefacente invenzione di Gassman attore comico – cosa che non mi sorprese perché io avevo lavorato con Gassman in teatro, conoscevo il suo umorismo,
non era così serio e severo come tanta gente poteva immaginare. Fu un film di grande successo.
Marcello Mastroianni
Germi era molto bravo nella conduzione degli attori. Non parlava mai, ma quando era al dunque
spiegava molto bene quello che voleva. Era un grosso, grosso regista, e non lo dico per fare il cantico
alla sua memoria. Aggiungo, anzi, che magari ne avessimo avuti di registi come lui e ne avessimo
ancora! Perché la sua prima, grande qualità era quella di non volere essere a tutti i costi l’artista,
quello che dice sempre qualche cosa di nuovo, e di essere invece un serio realizzatore di storie
comprensibili ai più. Che poi erano fatte da un professionista che conosceva molto bene il suo
mestiere. Oggi un regista come lui sarebbe una salvezza per il nostro cinema. Senza volare, senza
fare cinema di ricerca, Germi raccontava storie che mica erano uno scherzo, e spingeva duro perché, per esempio, Divorzio all’italiana fu un film molto preciso, quando qui di divorzio ancora non se ne
parlava proprio. E fare un film in cui si dimostrava che da noi per divorziare uno poteva solo
sopprimere la moglie non era tanto facile. Anche se è errato definirlo un’invenzione, il tic del barone
Cefalù l’ho inventato io. La faccenda è andata così. Germi aveva dei problemi con le gengive, quindi
storceva sempre la bocca per stuzzicarsele con le labbra e la lingua. I tic, come lo sbadiglio, sono
contagiosi, e così un giorno mi sorpresi a fare la sua stessa mossa, tanto che lui si urtò e mi chiese
se lo stavo prendendo in giro. Mi scusai, dissi che non ne avevo nessunissima intenzione, gli spiegai
come avvenivano queste cose e aggiunsi anche che avevo pensato che questo barone magari poteva
avere una carie. E allora lui volle che lo rifacessi, e dopo me lo fece fare per tutto il film.
Marcello Mastroianni
Federico voleva Laurence Olivier, ma non ha rinunciato a Olivier perché gli aveva chiesto il copione,
come è stato detto a suo tempo, bensì perché si è accorto che Olivier era un attore troppo grande per
poterlo portare a quello che lui voleva, e anche troppo diverso da lui. Io gli somigliavo di più,
cattolico, debole, antieroe. Per me 81⁄2 è stato la chiarificazione di queste caratteristiche che c’erano
nel mio privato ma che diventavano anche la cifra del mio personaggio. 81⁄2 è un film che mi piace
ancora moltissimo. Certo io ho avuto anche il privilegio di diventare amico di Federico. Grazie a
questo, ho potuto trasferire sullo schermo piuttosto facilmente anche il Fellini autobiografico di 81⁄2.
Anzi con 81⁄2 tutto andò ancora meglio. C’erano i suoi tic, le sue cose, le sue facce. Alzai persino il
tono di voce, feci la voce un po’ di testa perché lui ce l’ha così mentre la mia è abbastanza grave, e
questo gli dà anche un po’ fastidio. Insomma io con lui mi assoggettai al più elementare dei giochi
che uno può fare con un amico con cui si trova bene, il gioco dei due che dicono: “Tu sei la guardia
e io il ladro, avanti!”. Con il particolare, però, che era Federico a dirigere il gioco, come quando da
ragazzino, nel mio quartiere, c’era sempre uno che fungeva da capobanda e noi tutti ci
assoggettavamo con piacere al suo ruolo.
Marcello Mastroianni
Il divertimento di De Sica come persona era incredibile. Come regista, andava diritto ai sentimenti,
preciso, senza nessuna sbavatura, e poi era straordinario nella conduzione dell’attore, del resto lo
si vedeva da come riusciva a fare lavorare i bambini. Mi ricordo tutte le storie che si raccontavano
sulla sua pazienza con loro, e invece ogni tanto non ce la faceva più e cominciava a urlare “Brutto
figlio ’e ’ntrocchia, ti spedisco al correzionale”. E si può anche capire, perché tra la situazione delle
due famiglie, il gioco, gli impicci della produzione, era un uomo stanco. Io lo guardavo sempre con
ammirazione perché per me più italiano di così non si poteva essere, e quando dico italiano intendo
il meglio. Con tutti i suoi difetti, era un personaggio esaltante.
Marcello Mastroianni
Debbo a Blasetti se sono nato al cinema. Mi vide in teatro, nell’Oreste che aveva messo in scena
Visconti, e mi fece interpretare Il lupo, un episodio di Tempi nostri. Poi mi volle a fianco di Sophia
Loren in Peccato che sia una canaglia e in La fortuna di essere donna, due film che hanno cominciato
a farmi conoscere anche all’estero. I produttori cinematografici, a quel tempo, non giuravano certo
per me, e Blasetti invece, con tutta la sua foga, riuscì a convincerli. Dandomi una possibilità che
però, nello stesso tempo, arricchì anche con un insegnamento che era frutto della sua stupenda
esperienza cinematografica e umana. Quando Peccato che sia una canaglia uscì nei cinema tale fu il
successo che nel giro di ventiquattro ore diventai popolarissimo. Però mancò poco che non mi
rovinasse la carriera, perché io mi ero talmente calato nei panni del tassinaro gentile e di buon senso
che non riuscivo a liberarmene. Dovetti battagliare con i produttori, e anche con me stesso, per
ottenere altri ruoli.
Marcello Mastroianni
Con Ettore Scola ho fatto sei o sette film. Mi piace Ettore. Ha humour, è intelligente, è tranchant,
spesso; è simpatico. Con lui si può esprimere una piccola idea: se è valida, l’accetta. Insomma con
Scola c’è un lavoro di collaborazione. In Una giornata particolare, mi ricordo, c’era una telefonata
molto delicata che io, nel ruolo di un omosessuale, facevo evidentemente al mio amico. “Ettore”, gli
dissi, “il pudore mi suggerisce di fare questa scena tutta di schiena. Vieni dietro la mia nuca, con la
macchina da presa, perché le cose che dico non siano violente, non arrivino allo spettatore in
maniera sgradevole”. Scola fu d’accordo. Ed è uno dei momenti più belli del film. Sempre in Una
giornata particolare, Ettore mi chiese se ricordavo una canzone della mia adolescenza. Me ne ricordai
una che sentivo a casa di mia zia, che aveva tre figlie, quando la domenica ballavamo: “Belle bimbe
innamorate / Le arance comprate / Hanno un magico sapore / Un profumo d’amore”. È con questa
musichetta che nel film mostro a Sophia Loren una certa danza. Per me, Una giornata particolare
resta un esempio di cinema veramente straordinario, semplice, netto. Vogliamo osare? Un
capolavoro.
Marcello Mastroianni