CINEMA TEATRO FILO

 
 
 

LO SCEICCO BIANCO
(Italia/1952)
di Federico Fellini

Due sposini in viaggio di nozze dalla provincia alla capitale romana. L’apparizione sull’altalena del bianco sceicco Alberto Sordi, divo divino solo sulla carta dei fotoromanzi. E dunque le illusioni del mondo dello spettacolo. Le benevoli prostitute della capitale, tra cui la Cabiria di Giulietta Masina. C’è già tutto il mondo felliniano in questo primo film firmato unicamente dal regista riminese. “Per la sceneggiatura mi rifeci ai racconti che avevo scritto per il ‘Marc’Aurelio’ in cui si riflettevano i miei pensieri sulla natura spietata delle storie d’amore, sull’amore giovanile che si confronta con la realtà dolceamara, sulla luna di miele che si irrancidisce, sulle delusioni dei primi tempi del matrimonio e sull’impossibilità di riuscire a conservare i romantici sogni iniziali” (Federico Fellini).
Restaurato da Cineteca di Bologna in collaborazione con RTI-Mediaset e Infinity
 

I VITELLONI
(Italia/1953)
di Federico Fellini

Quattro trentenni di una città di mare vivono nell’eterna attesa di diventare adulti. Durante l’inverno, si trascinano fra il biliardo e il caffè, fra velleità letterarie, scherzi goliardici e facili avventure erotiche. Li segue con ammirazione il più giovane Moraldo. Secondo film (e mezzo) per Federico Fellini: un ritorno nostalgico e poetico in una Rimini inventata. “Mi è venuta la tentazione di giocare uno scherzo a certi vecchi amici che avevo lasciato nella città di provincia dove sono nato. Così mi sono messo a raccontare quello che ricordavo delle loro avventure, le loro ambizioni, le piccole manie, il loro modo articolarissimo di passare il tempo” (Federico Fellini). Primo vero successo di Fellini, nelle prime copie del film i distributori non vollero figurasse il nome di Sordi, che a quell’epoca ritenevano fosse sgradito al pubblico. Fu invece trampolino per la sua fama futura.
Restaurato da CSC – Cineteca Nazionale
dolce

LA DOLCE VITA
(Italia-Francia/1960)
di Federico Fellini

“Fellini si propone di realizzare la radiografia della mutazione di un’epoca. Di raccontare la vita così come la rappresentano i nuovi media e, nel costruire il racconto, si appropria, per molti episodi, degli scoop dei fotoreporter. L’episodio di Anita nella fontana era stato fotografato da Pierluigi Praturlon nel ’58, mentre Tazio Secchiaroli, il re dei fotoreporter di via Veneto, sempre nel ’58 aveva fotografato lo spogliarello di Aiché Nanà in un locale notturno alla moda. La dolce vita è, programmaticamente, una lettura esatta della mediatizzazione del paese, quasi un saggio sulla manipolazione dell’informazione e dell’immagine... L’Italia non si è ancora liberata di nessuno dei suoi fantasmi, il cammino verso la modernità è ancora lungo e tortuoso”. (Gian Luca Farinelli)
Restaurato da Cineteca di Bologna in associazione con The Film Foundation, CSC – Cineteca Nazionale, Pathé, Fondation JérômeSeydoux-Pathé, Mediaset e Medusa Film, Paramount Pictures e Cinecittà Luce. Con il sostegno di Gucci e The Film Foundation.


(Italia/1963)
di Federico Fellini

Al suo ottavo film e mezzo, Fellini realizza un potente autoritratto, privo di reticenze, specchiandosi in un regista sorpreso da un’improvvisa crisi creativa, invaso dalle visioni fantasmatiche del passato e in balia dei rimorsi derivanti dalla sua contraddittoria vita privata.
“Per me è uno dei più grandi film mai realizzati. Perché va direttamente al cuore della creatività, la creatività nel cinema, che è circondato da infinite e fastidiose distrazioni e varietà di follia. E per il fatto che la storia di Guido diventa una sorta di storia di tutti noi, diventa viva, vibrante, va verso il sublime” (Martin Scorsese). Uno degli emblemi del cinema moderno.
Restaurato da CSC – Cineteca Nazionale in collaborazione con RTI-Mediaset
 

AMARCORD
(Italia-Francia/1974)
di Federico Fellini

Vent’anni dopo aver raccontato la storia di una fuga dalla provincia nei Vitelloni, Fellini ritorna in quel piccolo mondo, ricostruendo gli ambienti della sua adolescenza a Cinecittà e a Ostia. Un piccolo borgo sul mare di Romagna negli anni Trenta, sotto la cappa del fascismo rievocato nella sua brutalità e soprattutto nei suoi riti ridicoli. Protagonista è l’umanità sanguigna degli abitanti, che l’autore caratterizza con ironia affettuosa e caustica. È l’universo della remota provincia italiana, fra attese sognanti ed erotismo represso, scherzi feroci e infantilismo. La vitalità delle figure che popolano il film cela una sotterranea, profonda malinconia.
Restaurato da Cineteca di Bologna con il sostegno di yoox.com e il contributo del Comune di Rimini. In collaborazione con Cristaldifilm