CINEMA TEATRO FILO


MER 6 OTT - ORE 18.00 E 21.00
DOM 10 OTT - ORE 21.00
BIGLIETTO UNICO 7 EURO
FINO ALL'ULTIMO RESPIRO
Regia di Jean-Luc Godard.
Un film con Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, Daniel Boulanger, Jean-Pierre Melville, Henri-Jacques Huet.
Drammatico, - Francia, 1960, durata 89 minuti.

MIGLIOR REGIA - FESTIVAL DI BERLINO 1960

Restaurato in 4K da StudioCanal e CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata a partire dal negativo originale

Il protagonista è un eroe "nero" dei nostri giorni senza ideali, senza il romanticismo di un Humphrey Bogart o di un Jean Gabin (cui il regista continuamente allude in fulminei fotogrammi). Se la vita non ha senso, il giovane Belmondo la vive seguendo i suoi impulsi, che sono criminali: ruba un'auto, uccide un poliziotto, va a Parigi e, agganciata sbrigativamente una bella turista americana, se la porta a letto. Ma lei lo denuncia. Oggi il film è ritenuto il manifesto della "Nouvelle Vague". 


Il protagonista è un eroe "nero" dei nostri giorni senza ideali, senza il romanticismo di un Humphrey Bogart o di un Jean Gabin (cui il regista continuamente allude in fulminei fotogrammi). Il film è stato premiato al Festival di Berlino.

Marzo 1960. À bout de souffle. Avevo quindici anni. Godard ventinove. Faceva dire a Belmondo (rivelazione di quell’anno): “Siamo tutti morti in libera uscita”. Non sapevo ancora che fosse una citazione di Lenin, né che Mozart potesse tradurre al meglio i sentimenti di un anarchico. Ad ogni modo, 87 minuti dopo ero letteralmente ridotto all’ultimo respiro, e per sempre adulto. Godard, allora critico ai “Cahiers du cinéma”, autore di alcuni cortometraggi, si ‘impadronisce’ di una breve sceneggiatura di Truffaut che “non gli piaceva” e gira in quattro settimane, in interni ed esterni autentici, a Parigi e a Marsiglia, questo capolavoro ‘nouvelle vague’. Sartre, Cocteau, Jeanson gridano al miracolo, ma non sono i soli. Il grande pubblico decreta il successo di questa storia illuminata da Jean Seberg. Michel, un anarchico ladro di automobili, uccide il poliziotto che lo insegue in moto. Tornato a Parigi ritrova Patricia, la sua amica americana, e riesce a ridiventarne l’amante.
La convince a partire con lui per l’Italia. Ma la polizia ha scoperto la sua identità e lo sta braccando.
Patricia lo denuncerà e Michel verrà ucciso. Godard dirà: “È un documentario su Belmondo e Seberg”. Detto con ironia, è proprio questo: la discrepanza tra due lingue, psicologica per Patricia, poetica per Michel; le stesse parole per un significato diverso. Quando ha la meglio sulla poesia la realtà si traduce così: in variazioni sulla morte. Insomma, fino all’ultimo respiro. Non rivedere questo film (per la seconda o la centesima volta) sarebbe, come è stato scritto allora, privarsi di emozioni tra le più belle e forti che il cinema abbia proposto in questi ultimi tempi.
Jean-Claude Izzo


À bout de souffle appartiene, per sua natura, al genere di film in cui tutto è permesso. Qualsiasi cosa facessero i personaggi, poteva essere integrata al film. Era il punto stesso di partenza del film [...]
Quello che desideravo fare era partire da una storia convenzionale e rifare, ma in maniera diversa, tutto il cinema che era già stato fatto.
Jean-Luc Godard


Tutto il film era, e credo che sia, un capolavoro. La storia, il modo di girare, il modo di montare, il modo di raccontare è stato veramente rivoluzionario. Ci sono film che non hanno retto al tempo, non è il caso di À bout de souffle: un capolavoro che va visto dalle vecchie e dalle giovani generazioni di cinefili. Fino all’ultimo respiro è un film che ha superato la moda.
Marco Bellocchio



(fonte - https://www.mymovies.it)