CINEMA TEATRO FILO


STARBUCK
Commedia, durata 109 min. - Canada 2011.
Un film di Ken Scott. Con Patrick Huard, Julie LeBreton, Antoine Bertrand, Dominic Philie, Marc Bélanger.

David Wozniak è un 42enne franco-canadese di origine polacca con una vita da eterno adolescente: fa il fattorino part time per la macelleria di famiglia ("Il lavoro più semplice: e trovi sempre il modo di farlo male"), abita in un appartamento costellato di omaggi al calcio - figurine, palloni, persino un biliardino -, coltiva marjiuana e dimentica di farsi vivo con la fidanzata Valérie, una poliziotta rigorosa e molto più adulta di lui. La vita precaria di David, già funestata da un consistente debito da restituire, viene sconvolta da due scoperte: Valérie è incinta e le donazioni di sperma che David aveva effettuato vent'anni prima hanno generato 533 figli, 142 dei quali vogliono conoscere l'identità del padre biologico.

Da questa premessa apparentemente improbabile, e invece confermata dalla realtà quando già il copione era già in fase di sviluppo, nasce una commedia che potrebbe essere puerile come il suo protagonista, e invece si rivela arguta e commovente. Sono tanti gli elementi che funzionano, a cominciare dal cast: il comico, autore e conduttore Patrick Huard interpreta David con mille sfaccettature, aiutato da una fisicità da uomo qualunque che lo mantiene credibile attraverso le tante metamorfosi del personaggio; Antoine Bertrand, l'amico avvocato, è un delizioso mix di grazia e cinismo; e tutti gli altri ruoli, da Valérie ai famigliari di David ai numerosi figli biologici, sono scelti senza cadere nello stereotipo.
La sceneggiatura è equilibrata e lieve, con battute riuscite che spostano il tono sopra o sotto le righe a seconda della necessità e del momento. Anche il sentimentalismo è tenuto a freno (con l'eccezione di un commento musicale invadente e manipolatore) da una regia pulita e onesta che non indugia mai né sull'elemento drammatico né su quello comico.
Starbuck riesce a toccare temi di grande attualità: la povertà che avvicina la generazione dei quarantenni precari a quella dei ventenni disoccupati in un mondo di opzioni limitate; il mancato passaggio di consegne da parte di quelli che avrebbero dovuto fare i padri ma si sono sottratti a quella responsabilità (anche quando i figli li hanno biologicamente generati); il bisogno dei giovani di guida e di sostegno, anche più morale che economico, e del riconoscimento della loro esistenza e del loro valore; l'opportunità o meno, da parte dei padri, di dare fiducia ai figli e scommettere sul loro futuro.


Categories: , ,