CINEMA TEATRO FILO



 



L'ULTIMO PASTORE
Un film di Marco Bonfanti.
Drammatico, durata 73 min. - Italia 2012.
Con Renato Zucchelli, Piero Lombardi, Lucia Zucchelli, Gottardo Zucchelli, Giovanni Zucchelli.

Renato Zucchelli ha larghe spalle e larghi occhi chiari per 'abbracciare' le sue settecento pecore. Ultimo pastore nomade della Lombardia, Renato vive in montagna ma il cuore lo ha lasciato in pianura, dove lo aspettano (im)pazienti la sua consorte e i suoi quattro figli. Appassionato delle greggi e certificato dal cinema di Celentano e dalla parola di Gesù, 'pastori' per finzione o per vocazione, Renato vuole raggiungere Milano e incontrare tutti quei bambini per cui un pastore è un'idea immaginaria e intangibile. Fieramente riluttante ad accogliere il sistema sedentario dominante, Renato Zucchelli appartiene a quella comunità errante, arcaica e ormai ridotta, che rivendica il sogno e il diritto di battere di nuovo i percorsi della transumanza, lambiti dal presente ed 'espropriati' dalla nuova economia. Solo e lieto sul cuore della terra, lo coglie e lo accoglie lo sguardo lirico di Marco Bonfanti, giovane regista di un cinema che ha il sapore della fiaba e il senso profondo dell'uomo. Un uomo lontano e orgogliosamente separato dall'alienazione consumistica, un uomo al di sopra della contingenza delle preoccupazioni.

L'ultimo pastore invita lo spettatore a sperimentare la lentezza del vivere, a recuperare la fisicità delle cose del mondo, ribadendo la tensione cinematografica originaria: il piacere di filmare un corpo e ascoltare una voce. Bonfanti crea un'atmosfera di confidenza, inducendo i suoi 'attori' a lasciarsi visitare il volto, il corpo, le mani fino a far emergere gli interrogativi e le riflessioni che si portano dentro. La dimensione statuaria di Zucchelli, il sembiante bonario di pietra e lana, le parole in cui la sua natura, il suo vissuto e la sua cultura si esplicano, abitano un'opera che si dipana tra i primi piani e le aperture improvvise di scene ambientali, in un andirivieni tra il presente della Pianura Padana e il passato remoto dei monti. La necessità di definire le cose del cinema ci fa includere L'ultimo pastore fra i documentari ma è un'opera di più alto ingegno. Di ingegno e di sensibilità. Qualcosa che va verso l'arte e la poesia, cogliendo la decadenza dei corpi e dei luoghi, quelle cose che unanimemente cerchiamo di esorcizzare pensando alle magnifiche sorti progressive dell'umanità. Invece tutto è effimero. Effimero ed eterno. Come ci racconta Bonfanti con la straordinaria cronaca di un mestiere soggetto alla tirannia del Tempo e della Storia, con l'elegiaca narrazione di un pastore resistente che vede svanire prati e antiche rotte.


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