IL MIO AMICO NANUK
Un film di Brando Quilici, Roger Spottiswoode.
Avventura, durata 98 min. - Italia, Canada 2014.
Con Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan, Peter MacNeill, Kendra Leigh Timmins.
Il giovane Luke vive nella regione artica in cui nascono gli orsi polari. Il padre è morto annegato fra i ghiacci e la madre, che è una ricercatrice, cerca di proteggere lui e la sorella Abby da ogni pericolo. Un giorno un'orsa bianca si avvicina all'abitato della città di Devon e le forze dell'ordine, dopo averla narcotizzata, la trasportano presso il lontano Cape Resolute. Peccato che l'orsa avesse con sé un cucciolo che viene ritrovato a Devon proprio da Luke. Da quel momento il ragazzo farà il possibile per ricongiungere il piccolo, che ribattezzerà con il nome Nanuk (in lingua inuit significa "orso vagabondo"), con la sua mamma.
"Questa è la storia di una grande amicizia", esordisce la voce fuori campo di Luke, ed è vero: Il mio amico Nanuk è innanzitutto il tenero resoconto minuto per minuto della straordinario rapporto di affetto e complicità che si crea fra il ragazzo e l'orsetto (ma anche fra l'interprete umano e quello animale). Vediamo Luke e Nanuk giocare, rotolarsi insieme, scambiarsi il cibo, e più volte è l'orsetto a venire in soccorso del ragazzo, non viceversa. Ma il film, nato da un soggetto di Brando Quilici, figlio di Folco, che è anche il regista delle meravigliose sequenze artiche del film (roba da National Geographic, per capirci) è anche altro: una parabola su come i giovani maschi, soprattutto se privi di una figura paterna, devono avventurarsi nel mondo uscendo da sotto l'ala protettiva delle madri, e di come le madri devono imparare a fidarsi dello spirito di avventura dei propri figli. Questo messaggio non va a scapito dell'importanza dell'educazione materna: infatti Luke cerca di riportare Nanuk alla sua mamma perché sa che sarà lei, per i primi due anni e mezzo, ad insegnarli tutto quello che gli servirà per sopravvivere.
Nel film c'è un altro personaggio maschile di grande interesse, la guida Muktuk, interpretata dall'attore croato Goran Visnjic. È lui, che vive in simbiosi con la natura e con gli indigeni che gli hanno regalato il suo soprannome, ad accompagnare da lontano Luke nel suo percorso di crescita, un percorso ispirato alla poesia Se di Rudyard Kipling.
La storia di Luke e Nanuk è raccontata in modo semplice, a portata di bambino, anche se le situazioni di pericolo in cui il ragazzo si ritrova (spesso per propria imprudenza) sono piuttosto ansiogene. Ma il viaggio iniziatico dei due amici in mezzo ai ghiacci ha un bel respiro narrativo, ci fa conoscere un mondo meraviglioso popolato da una nutrita fauna polare e una popolazione, quella eschimese, saggia e gentile. Il mio amico Nanuk è una favola ecologista che mostra amore e rispetto per la natura e incoraggia gli uomini, grandi e piccoli, a non avere paura, e a non arrendersi mai.
Un film di Brando Quilici, Roger Spottiswoode.
Avventura, durata 98 min. - Italia, Canada 2014.
Con Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan, Peter MacNeill, Kendra Leigh Timmins.
Il giovane Luke vive nella regione artica in cui nascono gli orsi polari. Il padre è morto annegato fra i ghiacci e la madre, che è una ricercatrice, cerca di proteggere lui e la sorella Abby da ogni pericolo. Un giorno un'orsa bianca si avvicina all'abitato della città di Devon e le forze dell'ordine, dopo averla narcotizzata, la trasportano presso il lontano Cape Resolute. Peccato che l'orsa avesse con sé un cucciolo che viene ritrovato a Devon proprio da Luke. Da quel momento il ragazzo farà il possibile per ricongiungere il piccolo, che ribattezzerà con il nome Nanuk (in lingua inuit significa "orso vagabondo"), con la sua mamma.
"Questa è la storia di una grande amicizia", esordisce la voce fuori campo di Luke, ed è vero: Il mio amico Nanuk è innanzitutto il tenero resoconto minuto per minuto della straordinario rapporto di affetto e complicità che si crea fra il ragazzo e l'orsetto (ma anche fra l'interprete umano e quello animale). Vediamo Luke e Nanuk giocare, rotolarsi insieme, scambiarsi il cibo, e più volte è l'orsetto a venire in soccorso del ragazzo, non viceversa. Ma il film, nato da un soggetto di Brando Quilici, figlio di Folco, che è anche il regista delle meravigliose sequenze artiche del film (roba da National Geographic, per capirci) è anche altro: una parabola su come i giovani maschi, soprattutto se privi di una figura paterna, devono avventurarsi nel mondo uscendo da sotto l'ala protettiva delle madri, e di come le madri devono imparare a fidarsi dello spirito di avventura dei propri figli. Questo messaggio non va a scapito dell'importanza dell'educazione materna: infatti Luke cerca di riportare Nanuk alla sua mamma perché sa che sarà lei, per i primi due anni e mezzo, ad insegnarli tutto quello che gli servirà per sopravvivere.
Nel film c'è un altro personaggio maschile di grande interesse, la guida Muktuk, interpretata dall'attore croato Goran Visnjic. È lui, che vive in simbiosi con la natura e con gli indigeni che gli hanno regalato il suo soprannome, ad accompagnare da lontano Luke nel suo percorso di crescita, un percorso ispirato alla poesia Se di Rudyard Kipling.
La storia di Luke e Nanuk è raccontata in modo semplice, a portata di bambino, anche se le situazioni di pericolo in cui il ragazzo si ritrova (spesso per propria imprudenza) sono piuttosto ansiogene. Ma il viaggio iniziatico dei due amici in mezzo ai ghiacci ha un bel respiro narrativo, ci fa conoscere un mondo meraviglioso popolato da una nutrita fauna polare e una popolazione, quella eschimese, saggia e gentile. Il mio amico Nanuk è una favola ecologista che mostra amore e rispetto per la natura e incoraggia gli uomini, grandi e piccoli, a non avere paura, e a non arrendersi mai.
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