PROSSIMA FERMATA: FRUITVALE STATION
Un film di Ryan Coogler.
Drammatico, durata 85 min. - USA 2013.
Con Michael B. Jordan, Octavia Spencer, Melonie Diaz, Ahna O'Reilly, Chad Michael Murray.
La notte di capodanno del 2009, mentre con la fidanzata e gli amici sta rientrando verso casa, Oscar Grant, 22 anni, viene prelevato dalla polizia della stazione della metropolitana di Fruitvale, San Francisco, e perforato al polmone dal proiettile di un poliziotto che ha perso la testa.
Ryan Coogler racconta la storia di Oscar a partire dalla mattina del 31 dicembre, giorno del compleanno di sua madre, illuminando la quotidianità così come i segni premonitori e sottolinenando i piccoli e grandi ostacoli che la sua decisione di mettere la testa a posto incontra continuamente sulla via.
C'è un intento nobile alla base di Fruitvale Station, che risponde ad una questione morale senza tempo ma anche ad un fenomeno del tutto contemporaneo, legato alle nuove tecnologie. È la volontà di restituire, per quanto possibile, una narrazione e una dimensione dignitose alle figurine sfuocate e urlanti immortalate con il telefonino da chi era presente e ha documentato la brutalità della cronaca. Allargare lo schermo, l'analisi, la denuncia. Restituire un ragazzo alla vita perché l'ingiustizia riguardo alla sua morte appaia, se possibile, con maggior evidenza. L'intento è importante, ma l'obiettivo parzialmente mancato.
La performance di Michael B. Jordan è meritoria: il giovane attore di Chronicle si cala nel corpo del protagonista riempiendolo di nervi e sfumature, nonostante il perenne movimento imposto dalla giornata piena di eventi. Purtroppo, è proprio l'ansia da cui è affetta la sceneggiatura, di voler riempire ogni istante di quotidianità, a privare il film di quei momenti di astrazione che l'avrebbero fatto levitare. Coogler ci ricorda che nessun attimo è mai banale, ma occorre ammettere che quelli da lui selezionati non sono nemmeno speciali o resi tali dallo sguardo della macchina da presa e anzi imprigionano il film in una sequenza troppo ovvia e routinaria, alla quale sfuggono poche eccezioni (su tutte, la ricerca del biglietto d'auguri per il compleanno della madre, che denuncia come non ci sia posto per le persone di colore nemmeno tra le immagini più cheap in vendita nel loro stesso quartiere).
Un film di Ryan Coogler.
Drammatico, durata 85 min. - USA 2013.
Con Michael B. Jordan, Octavia Spencer, Melonie Diaz, Ahna O'Reilly, Chad Michael Murray.
La notte di capodanno del 2009, mentre con la fidanzata e gli amici sta rientrando verso casa, Oscar Grant, 22 anni, viene prelevato dalla polizia della stazione della metropolitana di Fruitvale, San Francisco, e perforato al polmone dal proiettile di un poliziotto che ha perso la testa.
Ryan Coogler racconta la storia di Oscar a partire dalla mattina del 31 dicembre, giorno del compleanno di sua madre, illuminando la quotidianità così come i segni premonitori e sottolinenando i piccoli e grandi ostacoli che la sua decisione di mettere la testa a posto incontra continuamente sulla via.
C'è un intento nobile alla base di Fruitvale Station, che risponde ad una questione morale senza tempo ma anche ad un fenomeno del tutto contemporaneo, legato alle nuove tecnologie. È la volontà di restituire, per quanto possibile, una narrazione e una dimensione dignitose alle figurine sfuocate e urlanti immortalate con il telefonino da chi era presente e ha documentato la brutalità della cronaca. Allargare lo schermo, l'analisi, la denuncia. Restituire un ragazzo alla vita perché l'ingiustizia riguardo alla sua morte appaia, se possibile, con maggior evidenza. L'intento è importante, ma l'obiettivo parzialmente mancato.
La performance di Michael B. Jordan è meritoria: il giovane attore di Chronicle si cala nel corpo del protagonista riempiendolo di nervi e sfumature, nonostante il perenne movimento imposto dalla giornata piena di eventi. Purtroppo, è proprio l'ansia da cui è affetta la sceneggiatura, di voler riempire ogni istante di quotidianità, a privare il film di quei momenti di astrazione che l'avrebbero fatto levitare. Coogler ci ricorda che nessun attimo è mai banale, ma occorre ammettere che quelli da lui selezionati non sono nemmeno speciali o resi tali dallo sguardo della macchina da presa e anzi imprigionano il film in una sequenza troppo ovvia e routinaria, alla quale sfuggono poche eccezioni (su tutte, la ricerca del biglietto d'auguri per il compleanno della madre, che denuncia come non ci sia posto per le persone di colore nemmeno tra le immagini più cheap in vendita nel loro stesso quartiere).
Categories:
2014,
Drammatico,
Prima Visione