CINEMA TEATRO FILO


MER 8 NOVEMBRE
ORE 16.00 e 21.00
LA CORAZZATA POTËMKIN
Regia di Sergei M. Eisenstein.
Un film con Alexander Antonov, Vladimir Barsky, Grigori Aleksandrov, Aleksandr Levshin, Andrei Fajt.
Genere Drammatico - Russia, 1925, durata 68 minuti.

Odessa 1905: a bordo dell'incrociatore Potemkin vi è un grave malessere. I marinai mal sopportano i soprusi del comandante. La situazione degenera quando il marinaio Vakulincuk dà l'esempio ai suoi compagni rifiutandosi di mangiare la carne avariata. Scatta la repressione. Viene ordinata la fucilazione di una parte dell'equipaggio, ma i soldati si rifiutano di sparare. La rivolta si propaga quando Vakulincuk viene ucciso da un ufficiale. Tutta Odessa scende in piazza, l'esercito spara su tutti, donne, vecchi e bambini. Si viene a sapere che una flotta sta puntando su Odessa. Il Potemkin esce in mare per la battaglia. Ma, ancora una volta, dalla flotta non parte nemmeno una cannonata contro i "compagni".


Questo titolo è stato considerato per lungo tempo il più importante dell'intera storia del cinema, nel quadro del suo tempo, assume un valore enorme e su molti piani. Il film venne sponsorizzato nientemeno che dallo Stato sovietico per celebrare ancora una volta la rivoluzione.

Una "chiave" importante era il plot, una filosofia rivoluzionaria attribuiva a qualsiasi intreccio, alla fiction in sostanza, una funzione inutile e deteriore. Quindi bisognava attenersi alla ricostruzione esatta dei fatti. La seconda chiave è quella prettamente cinematografica: citiamo, per esempio, il famoso montaggio alla Eisenstein, che consisteva nel mostrare situazioni opposte che si articolavano fino alla loro soluzione (la folla che fugge, i cosacchi che attaccano, sequenze brevissime, fino alla folla decimata, eccetera).

Film leggendario, quindi, e oggetto di preciso culto da parte della critica "schierata". Ma non solo. Billy Wilder dichiarava che il Potemkin era uno dei titoli più importanti della sua giovinezza: "Uscito dal cinema ero un rivoluzionario...". Nel tempo il film ha perduto molti colpi, nelle classifiche è scivolato di parecchie posizioni. Rimane un grande esercizio e manifesto, ma è caduto... il comunismo.
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Soprattutto rimane l'equivoco generale che vuole attribuire al cinema la funzione di fare le rivoluzioni o di sedarle. Il cinema non ha il corpo per un simile esercizio. Il suo suggerimento, per quanto efficace, geniale e illuminato, è costretto a bruciare velocemente, e la sua grandezza sta in questo stesso limite, in questa sdrammatizzazione. Inoltre il cinema è storia-plot-fiction in assoluto, con la giusta misura fra l'invenzione e il reale. E la misura è esatta, per il cinema, come per la scrittura o per la musica.
Ogni "grande" invenzione, o ricerca o impennata, può valere strumentalmente nel suo tempo, a grande scapito di vedibilità postuma. La forza iperrepressionista del Potemkin è diventata, proporzionalmente, il suo limite. La memoria del cinema, paradossale, ricorda le pellicole contemporanee di Laurel e Hardy, per nulla serie, ma costruite con la misura del cinema. "Adesso" fanno ancora ridere, mentre "adesso" nessuno è più rivoluzionario. Nemmeno Billy Wilder.

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