CINEMA TEATRO FILO

Venerdì 12 giugno - 21.00
Sabato 13 giugno 
-
21.00

Domenica 14 giugno - 21.00
IL FASCINO INDISCRETO DELL'AMORE
Un film di Stefan Liberski.
Sentimentale, durata 100 min. - Belgio, Francia, Canada 2014
Con Pauline Etienne, Taichi Inoue, Julie LeBreton, Alice de Lencquesaing, Akimi Ota.

Amélie è nata in Giappone ma è cresciuta in Belgio. Vent'anni dopo torna a Tokyo per diventare una vera giapponese. Non c'è niente che desideri di più. Brillante e determinata, si improvvisa insegnante di francese e incontra Rinri, unico e giovane allievo con cui inizia presto una relazione sentimentale. Rinri, che ama i film della Yakuza e gli angoli nascosti di Tokyo, la introduce a un Giappone diverso da quello che lei credeva di conoscere e di ritrovare. Il Paese idealizzato della sua infanzia cede il posto alla realtà, alla natura e a qualcosa di più grande di lei. Qualcosa che la costringerà a rivedere la sua vita, i suoi sentimenti, il suo sguardo sull'altro da sé.

Best seller autobiografico di Amélie Nothomb, "Né di Eva né di Adamo" cambia titolo e debutta al cinema provando a emancipare l'Amélie letteraria dal suo narcisismo. Più affascinata dall'immagine che ha del Giappone che dal Giappone, la protagonista è determinata a ritornare sui passi e nel paese della sua infanzia. Paese che la impatta attraverso il personaggio di Rinri, il ragazzo che vorrebbe parlare fluentemente francese e toccarle il cuore. Ma Amélie è troppo presa a diventare più giapponese dei giapponesi e a ballare in culotte nei piani alti di Tokyo per accorgersi di quello che le accade veramente intorno. Cosciente della sua irresistibile 'mostruosità' è tuttavia Stefan Liberski, che sceglie per il suo film il volto e l'allure Nouvelle Vague di Pauline Étienne, attrice belga e discendente diretta della Bécassine di Joseph Pinchon. Più esotica e meno leziosa dell'Amélie Poulain di Montmartre (Il favoloso mondo di Amélie), in affanno tra nani (da giardino) e crème brûlée, la sua eroina è risvegliata dall'abbaglio con il sussulto di un terremoto. La licenza, che nasce da un'esperienza diretta del regista, in Giappone con la troupe durante il maremoto del 2011, ridimensiona l'attitudine egotica della protagonista e trova una piccola storia d'amore, delicata e leggera che non prende troppo seriamente la materia letteraria d'origine e procede svagata sulle gambe lunghe di Pauline Étienne. Lontano dall'adattamento di Alain Corneau del romanzo omonimo di Amélie Nothomb (Stupeur et tremblements), che esagerava sul sadismo della burocrazia giapponese, Tokyo Fiancée è una riflessione candida e stupita di usanze nipponiche, interrotta da tableaux vivants umoristici e in costume tradizionale, che vestono e spogliano Amélie come una bambola. Dentro un Giappone reale e sognato, commentato dalla voce off della protagonista, Tokyo Fiancée mescola con gusto equivoci e fascinazioni, cliché (karaoke e templi) e luoghi insoliti (il parcheggio dei camion luminosi), svolgendo una relazione sentimentale e un racconto iniziatico alla scoperta dell'altro e di sé. Narrazione a cui difetta la sottigliezza, non certo il garbo.