CINEMA TEATRO FILO

IL SUPERSTITE
Un film di Paul Wright.
Drammatico, durata 93 min. - Gran Bretagna 2013.
Con George MacKay, Kate Dickie, Nichola Burley, Michael Smiley, Brian McCardie.

In un paese di pescatori, in Scozia, il giovane Aaron sopravvive ad un misterioso incidente in mare nel quale muoiono cinque persone. Una di questo è suo fratello Michael, dal quale Aaron non si separava mai. Tornare alla normalità è difficile se non impossibile. Mentre la comunità lo incolpa, più o meno apertamente, e vorrebbe allontanarlo, lui si convince che Michael non sia morto e, accecato dalla superstizione e dal dolore, pensa soltanto al modo di tornare in mare per andarlo a cercare.

Il lungometraggio d'esordio di Paul Wright, regista che si era già fatto apprezzare in più occasioni nella misura del corto, riesce nella difficile arte di raccontare una complessa vicenda psicologica individuale e sociale con un'estrema semplicità di mezzi e ausilii. L'attore protagonista, George McKay, col suo volto sofferto ed enigmatico e la sua fisicità insieme trattenuta e pronta a tutto, regge sulle proprie spalle un ampio registro di emozioni, contribuendo al montare di una tensione che non rivela la propria natura prima del tempo ma chiede la partecipazione costante dello spettatore fino al punto in cui è gli è ormai impossibile sottrarsi.
Il lavoro sul sonoro e sui diversi formati e tipi di grana del video giocano un ruolo importante nell'intorbidire appositamente la visione, creando una molteplicità di punti di vista che altro non è se non il tema stesso del film, cui fa da parallelo narrativo il discorso sulle credenze popolari. Drammaticamente sdoppiata dal trauma della perdita, la psiche di Aaron lavora in sintonia con il mezzo del cinema (e viceversa), subendo l'impressione -tipica del lutto nei suoi primi stadi- di avvertire ancora la presenza del fratello scomparso, di persistere a vederlo (come persistono i fantasmi degli attori sulla pellicola), fino a crederlo vivo, in virtù del patto che soggiace ad ogni fiaba cinematografica per cui se credi davvero in una cosa prima o poi questa si avvera. La favola nera del mostro marino che inghiotte i bambini e terrorizza la città non è dunque che l'aspetto più superficiale del meccanismo narrativo, declinato in forma di ossessione.
E se non sempre l'estrema semplicità e linearità dello svolgimento riescono a coinvolgere del tutto, l'immagine finale ripaga di tutto ciò che è mancato prima, svelando in pochi secondi, e senza bisogno di commento, lo iato su cui si fonda Il Superstite , tra chi vive l'immaginario fino alle estreme conseguenze e chi sta soltanto a guardare.

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